SIVE: Ad Deum qui laetificat juventutem meam
«Ho vissuto gli anni della scuola elementare in un piccolo paese di 400 abitanti, molto lontano dai grandi centri.
Eravamo quindi un po' ingenui e in questo paese c'erano, da una parte, agricoltori molto ricchi e anche altri meno ricchi ma benestanti, e, dall'altra, poveri impiegati, artigiani.
La nostra famiglia poco prima dell'inizio della scuola elementare era arrivata in questo paese da un altro paese, quindi eravamo un po' stranieri per loro, anche il dialetto era diverso. In questa scuola, quindi, si riflettevano situazioni sociali molto diverse. Vi era tuttavia una bella comunione tra di noi. Mi hanno insegnato il loro dialetto, che io non conoscevo ancora. Abbiamo collaborato bene e, devo dire, qualche volta naturalmente anche litigato, ma dopo ci siamo riconciliati e abbiamo dimenticato quanto era avvenuto.
Questo mi sembra importante. Qualche volta nella vita umana sembra inevitabile litigare; ma importante resta, comunque, l'arte di riconciliarsi, il perdono, il ricominciare di nuovo e non lasciare amarezza nell'anima. Con gratitudine mi ricordo di come tutti abbiamo collaborato: uno aiutava l'altro e andavamo insieme sulla nostra strada.
Tutti eravamo cattolici, e questo era naturalmente un grande aiuto. Così abbiamo imparato insieme a conoscere la Bibbia, cominciando dalla creazione fino al sacrificio di Gesù sulla croce, e poi anche gli inizi della Chiesa. Abbiamo imparato insieme il catechismo, abbiamo imparato insieme a pregare, ci siamo insieme preparati per la prima confessione, per la prima comunione: quello fu un giorno splendido. Abbiamo capito che Gesù stesso viene da noi e che Lui non è un Dio lontano: entra nella mia propria vita, nella mia propria anima. E se lo stesso Gesù entra in ognuno di noi, noi siamo fratelli, sorelle, amici e dobbiamo quindi comportarci come tali.
Per noi, questa preparazione sia alla prima confessione come purificazione della nostra coscienza, della nostra vita, e poi anche alla prima comunione come incontro concreto con Gesù che viene da me, che viene da noi tutti, sono stati fattori che hanno contribuito a formare la nostra comunità. Ci hanno aiutato ad andare insieme, a imparare insieme a riconciliarci quando era necessario. Abbiamo fatto anche piccoli spettacoli: è importante anche collaborare, avere attenzione l'uno per l'altro. Poi a otto o nove anni mi sono fatto chierichetto. In quel tempo non c'erano ancora le chierichette, ma le ragazze leggevano meglio di noi. Esse quindi leggevano le letture della liturgia, noi facevamo i chierichetti. In quel tempo erano ancora molti i testi latini da imparare, così ognuno ha avuto la sua parte di fatica da fare. Come ho detto, non eravamo santi: abbiamo avuto i nostri litigi, ma tuttavia c'era una bella comunione, dove le distinzioni tra ricchi e poveri, tra intelligenti e meno intelligenti non contavano. Era la comunione con Gesù nel cammino della fede comune e nella responsabilità comune, nei giochi, nel lavoro comune. Abbiamo trovato la capacità di vivere insieme, di essere amici, e benché dal 1937, cioè da più di settanta anni, non sia più stato in quel paese, siamo restati ancora amici. Quindi abbiamo imparato ad accettarci l'un l'altro, a portare il peso l'uno dell'altro.
Questo mi sembra importante: nonostante le nostre debolezze ci accettiamo e con Gesù Cristo, con la Chiesa troviamo insieme la strada della pace e impariamo a vivere bene.» Benedictus PP XVI
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