La normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Repubblica d'Israele come venne esposta nell'anno Domini 2000 dal Cardinale ANDREA CORDERO LANZA DI MONTEZEMOLO -all'epoca Nunzio in Italia- primo Nunzio Apostolico in Israele.
Ovvero: Come avvenne che gli scrupoli dottrinarii del "buon cardinal Ratzinger" insidiarono gravemente i negoziati per l'allacciamento delle relazioni ufficiali tra la Santa Sede e lo Stato di Israele.
"Vorrei insistere su questo. La prima funzione del rappresentante pontificio è rappresentare il Santo Padre, la Santa Sede presso la Chiesa locale.
Se ci sono anche relazioni ufficiali diplomatiche con il governo di quel Paese allora il nunzio è anche rappresentante ufficiale accreditato. Allora lo si chiama Nunzio. Se non ci sono relazioni diplomatiche ufficiali lo si chiama delegato apostolico.
In tempi passati c’erano anche pro-nunzi, inter-nunzi e funzioni diverse previste dalla convenzione di Vienna. [...]
Prima di essere nunzio a Roma, dove sono da quasi due anni, ho lavorato otto anni a Gerusalemme come delegato apostolico per Gerusalemme, Palestina e Giordania. Là mi è toccato iniziare delle relazioni – dico iniziare perché prima non c’erano – per arrivare a normalizzare il rapporto tra Santa Sede e Chiesa cattolica da una parte e autorità civile e istituzioni civili dall’altra, sia nei rispetti di Israele sia nei rispetti della Palestina sia nei rispetti della Giordania. Mi toccò quindi sviluppare, portare avanti questi negoziati che sono stati per me di un interesse enorme ma di difficoltà non comune.
Proponemmo allo Stato d’Israele, fondato nel 1947, di riconoscere (secondo la risoluzione delle Nazioni Unite che metteva fine al mandato britannico e stabiliva uno Stato di Israele a ovest uno Stato arabo a est) Gerusalemme internazionale, cosa assolutamente rifiutata da parte loro. E allora abbiamo preso come definizione lo Stato d’Israele uscito dalla Dichiarazione unilaterale d’indipendenza del maggio '48. Accettarono subito, dandosi un pochino la zappa sui piedi, perché in quel caso non erano compresi i territori occupati nel ’67.
Quando facemmo, dopo più di due anni di negoziati, un trattato internazionale e un accordo firmato a Gerusalemme il 30 dicembre 1993, immediatamente i palestinesi ci chiesero di farlo anche con loro e si pose subito il problema [...] di come poter fare un trattato internazionale con chi non ha sovranità, con chi non è ancora uno Stato. Cercammo inizialmente di mantenere un dialogo. Quando poi facemmo un secondo trattato con Israele per tutti gli aspetti economici e per il riconoscimento delle identità giuridiche della Chiesa cattolica per avere tutti gli effetti civili, immediatamente anche l’Olp si fece avanti chiedendoci di farlo anche con loro. Ma non c’era ancora una sovranità riconosciuta. Poi si trovò una formula già usata in altri casi anche da parte britannica in situazioni precedenti. Ossia abbiamo chiesto loro di indicarci se l’interlocutore dovesse essere l’Olp oppure l’Autorità Palestinese, che era già praticamente riconosciuta da Israele perché aveva fatto dei trattati almeno di fatto (se non addirittura internazionalmente) riconosciuti. La loro risposta fu estremamente chiara: ci chiedevano di trattare con l’Olp in favore e a beneficio dell’Autorità Palestinese che tendeva a diventare uno Stato sovrano; però l’interlocutore era l’Olp. Così è stato fatto, così sono stati portati avanti i negoziati, almeno per conto mio. Poi io andai via. È stata apposta la firma pochi giorni or sono con questa formula: la Santa Sede da una parte e l’Olp dall’altra in favore e a beneficio dell’Autorità Palestinese che prepara il riconoscimento di uno Stato palestinese. Anche questo è un aspetto di come la Santa Sede tratta come se fosse uno Stato.
Israele ci continuava a chiedere un accordo tra due Stati e noi continuavamo a insistere che la Santa Sede non è uno Stato, che la Santa Sede equivale forse ad uno Stato nel modo di trattare nel diritto internazionale perché tratta con una sovranità che è una vera sovranità, ma non è la sovranità di uno Stato, la sovranità di diritto internazionale. Cosa che Israele ha capito, però ce n’è voluto del tempo.
Ricordo che il giorno stesso che concludemmo il primo trattato con Israele, il ministro che firmò, in un suo discorso alla televisione disse: «Oggi è una giornata storica perché abbiamo firmato un accordo tra un piccolo Stato e un altro ancora più piccolo». Non potevo fermarlo perché parlava in tv, ma poi gli dissi: «Signor ministro, non so a che cosa allude, forse il piccolo Stato è Israele e l’altro ancora più piccolo è la Città del Vaticano… Guardi però che lei ha firmato con la Santa Sede che esiste da duemila anni, che ha un miliardo di cattolici e come territorio ha tutto il mondo…». Rimase bloccato e mi disse: «Non ripeterò l’errore». «Grazie», risposi.
Questo per dire che spesso noi stessi, con la nostra educazione che abbiamo anche a Roma, facciamo una confusione tremenda fra Stato della Città del Vaticano e Santa Sede. Io stesso, quando mi dicono: «Lei è nunzio apostolico, rappresenta il Vaticano», sono uso rispondere con chiarezza: «No, non ho mai rappresentato il Vaticano». La Città del Vaticano non ha rapporti diplomatici, è un vero Stato ma non ha rapporti diplomatici con nessuno, non invia e non riceve ambasciatori. È la Santa Sede che è un ente morale, che è il governo centrale della Chiesa cattolica nel mondo.
Quando con Israele ho usato l’espressione «governo centrale della Chiesa cattolica nel mondo», non ho avuto difficoltà con loro, ho avuto difficoltà dietro le spalle, perché il buon cardinale Ratzinger disse di non usare questi termini di governo o di sovranità in quanto sono termini troppo politico-sociali. La Chiesa non deve usare sovranità, la Chiesa non è un governo.
Ma se non possiamo usare questi termini quando parliamo “a tu per tu” con uno Stato… Dobbiamo usare terminologie che loro riconoscono e accettano …
Hanno fatto una riunione speciale di cardinali in Vaticano per riuscire ad approvare o no. Poi mi hanno mandato a dire: andate avanti con i termini di governo e di sovranità. Meno male, ho pensato, sennò dovevamo interrompere tutto … " .
(30GIORNI; Marzo 2000; "A che serve il Vaticano")
Nessun commento:
Posta un commento