sabato, aprile 07, 2007
...entre todas las Mujeres! [14]
Il predicatore della Casa Pontificia, ovvero il sempre serafico padre Raniero Cantalamessa per il Venerdì Santo 2007 ha tenuto, davanti al sedici volte Benedetto ed alla Curia Romana devotamente congregata nel Tempio Petriano, più che una omelia un panegirico elogiante la cristiana devozione del femmineo sesso.
La vibrata omelia (della quale a mio avviso l'unica pecca è la velata citazione dei "Centochiodi" di Ermanno Olmi) è stata sapientemente modulata a guisa di colpi di scudiscio e di flagello al fine di colpire l'orecchio del prelatizio uditorio e piamente umiliare l'amor proprio dell'universo -maschile- clero!
L'elogio della cristiana pietà della donna è stata mirabilmente incanalata nell'aureo campo dell'antropologia cristiana, nell'implicita affermazione del "genio" proprio di ciascuno dei due sessi, e ad esaltazione della irriducibile differenza del maschile ed el femminile per cui il serafico Raniero non poteva esimersi da una sferzante scudisciata alla neognostica cultura contemporanea!
"Si discute animatamente da qualche tempo chi fu a volere la morte di Gesú: se i capi ebrei, o Pilato, o gli uni e l’altro. Una cosa è certa in ogni caso: furono degli uomini, non delle donne. Nessuna donna è coinvolta, neppure indirettamente, nella sua condanna. Anche l’unica donna pagana menzionata nei racconti, la moglie di Pilato, si dissociò dalla sua condanna (Mt 27, 19). Certo, Gesú morì anche per i peccati delle donne, ma storicamente esse solo possono dire: “Noi siamo innocenti del sangue di costui!” (Mt 27, 24).
Questo è uno dei segni più certi dell’onestà e dell’attendibilità storica dei vangeli: la figura meschina che fanno in essi gli autori e gli ispiratori dei vangeli e la figura meravigliosa che vi fanno fare a delle donne. Chi avrebbe permesso che fosse conservata, a imperitura memoria, la storia ignominiosa della propria paura, fuga, rinnegamento, aggravata in più dal confronto con la condotta così diversa di alcune povere donne, chi, ripeto, l’avrebbe permesso, se non vi fosse stato costretto dalla fedeltà a una storia che appariva ormai infinitamente più grande della propria miseria? "
"Da ogni parte emerge l’esigenza di dare più spazio alla donna.
Noi non crediamo che “l’eterno femminino ci salverà”. L’esperienza quotidiana dimostra che la donna può “sollevarci in alto”, ma può anche farci precipitare in basso. Anch’essa ha bisogno di essere salvata da Cristo. Ma è certo che, una volta redenta da lui e “liberata”, sul piano umano, da antiche discriminazioni, essa può contribuire a salvare la nostra società da alcuni mali inveterati che la minacciano: violenza, volontà di potenza, aridità spirituale, disprezzo della vita…
Bisogna solo evitare di ripetere l’antico errore gnostico secondo cui la donna, per salvarsi, deve cessare di essere donna e trasformarsi in uomo. Il pregiudizio è tanto radicato nella cultura che le stesse donne hanno finito a volte per soccombere ad esso. Per affermare la loro dignità, hanno creduto necessario assumere atteggiamenti maschili, oppure minimizzare la differenza dei sessi, riducendola a un prodotto della cultura. “Donna non si nasce, ma si diventa”, ha detto una loro illustre rappresentante."
"Non solo per il ruolo svolto nella passione, ma anche per quello svolto nella risurrezione le pie donne sono di esempio alle donne cristiane di oggi. Nella Bibbia si incontrano da un capo all’altro dei “va!” o degli “andate!”, cioè degli invii da parte di Dio. È la parola rivolta ad Abramo, a Mosè (“Va’, Mosè, nella terra d’Egitto”), ai profeti, agli apostoli: “Andate in tutto il mondo, predicate il vangelo ad ogni creatura”.
Sono tutti “andate!” indirizzati a degli uomini. C’è un solo “andate!” indirizzato a delle donne, quello rivolto alle mirofore il mattino di Pasqua: “Allora Gesù disse loro: “Andate ed annunziate ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno” (Mt 28, 10). Con queste parole le costituiva prime testimoni della risurrezione, “maestre dei maestri” come le chiama un autore antico.
È un peccato che, a causa dell’errata identificazione con la donna peccatrice che lava i piedi di Gesú (Lc 7, 37), Maria Maddalena abbia finito per alimentare infinite leggende antiche e moderne e sia entrata nel culto e nell’arte quasi solo nella veste di “penitente”, anziché in quella di prima testimone della risurrezione, “apostola degli apostoli”, come la definisce san Tommaso d’Aquino."
"Alla prima delle “pie donne” e loro incomparabile modello, la Madre di Gesú, ripetiamo con un’antica preghiera della Chiesa: Santa Maria, soccorri i miseri, sostieni i pusillanimi, conforta i deboli: prega per il popolo, intervieni per il clero, intercedi per il devoto sesso femminile. Ora pro populo, interveni pro clero, intercede pro devoto femineo sexu."
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