martedì, giugno 26, 2007

Ratzinger in Vacanza (della Sede Apostolica)



Ovvero: La maggioranza silenziosa

Quando il 22 febbraio 1996 Giovanni Paolo II emanò le nuove regole per il conclave ormai da anni i profeti di sventure davano per imminente la morte del papa polacco e facevano mille illazioni sui possibili papabili successori della maggioranza dei quali inopinatamente, negli anni a venire, Papa Wojtyla ebbe la ventura di presiederne i funerali.

La costituzione "Universi Dominici gregis", non si discosta di molto dalla precedente legislazione di Paolo VI, anzi in molti punti cita ampiamente la montiniana costituzione "Romani Pontifici eligendo".

I pochi punti in cui i documenti differiscono son quelli in cui si stabilisce che: non solo il Palazzo Apostolico vaticano è la sede abituale del conclave (lasciando la possibilità di convocare il conclave in altro luogo in base all'opportunità del frangente storico-politico) mentre, invece, Giovanni Paolo II canonizza una consuetudine storica decretando che solo e soltanto la Cappella Sistina sia il luogo deputato all'elezione papale. Inoltre non solo il Palazzo Papale ma l'intero Stato della Città del Vaticano dovrà sottostare al regime della clausura conclaviaria poichè non più i cardinali dovranno accamparsi alla meglio nelle sale del Palazzo Apostolico, ma risiederanno nella apposita e confortevole Residenza di Santa Marta.

Per quanto riguarda lo scrutinio, mentre Paolo VI stabiliva che iniziando il conclave di pomeriggio, gli eminentissimi cardinali dovesse solo adempiere ai giuramenti di rito e dedicardi al ripasso delle norme dello scrutinio rimandando lo scrutinio stesso alla mattina del giorno appresso, Giovanni Paolo II, invece, lasciò al Sacro Collegio la discrezionalità di procedere la sera stessa alla prima fumata o di aspettare il mattino seguente.

Ma la grande novità risulta dall'abolizione dell'elezione per acclamazione detta anche "per ispirazione" (cioè quando un cardinale proclama ad alta voce che ritiene il più degno del papato la tal eminenza e tutti gli altri porporati si uniscono unanimemente al coro) e dell'elezione per compromesso (cioè quando nella situazione di stallo viene demandata ad una ristretta commissione cardinalizia il compito di decidere a nome di tutti i porporati)-procedure in vero non più in uso da secoli-, lasciando quale unico metodo valido per l'elezione pontificia, nonchè il più confacente alla mentalità ( e all'etica) contemporanea, l'elezione per scruninio segreto.

Il numero 76 della Costituzione apostolica "Romani Pontifici eligendo " di Paolo VI recitava:

"Nel caso che i Cardinali elettori avessero difficoltà nell'accordarsi sulla persona da eleggere, allora, compiuti per tre giorni senza esito gli scrutini secondo la forma descritta (cfr. nn. 65 SS.), questi vengono sospesi al massimo per un giorno per una pausa di preghiera, di libero colloquio tra i votanti e di una breve esortazione spirituale, fatta dal Cardinale primo dell'ordine dei Diaconi. Quindi riprendono le votazioni secondo la medesima forma e dopo sette scrutini, se non è avvenuta l'elezione, si fa un'altra pausa di preghiera, di colloquio e di esortazione, tenuta dal Cardinale primo dell'ordine dei Preti. Si procede poi ad un'altra eventuale serie di sette scrutini, seguita, se ancora non s'è raggiunto l'esito, da una nuova pausa di preghiera, di colloquio e di esortazione, tenuta dal Cardinale primo dell'ordine dei Vescovi.
A questo punto il Cardinale Camerlengo di Santa Romana Chiesa consulterà gli elettori circa il modo di procedere. Non dovrà essere abbandonato il criterio di esigere, per una votazione efficace, i due terzi dei voti più uno; salvo che tutti i Cardinali elettori, all'unanimità, cioè nessuno eccettuato, si pronuncino per un diverso criterio, che può consistere nel compromesso (cfr. n. 64) o nella maggioranza assoluta dei voti, più uno, o nel ballottaggio fra i due, che nello scrutinio immediatamente precedente hanno riportato il maggior numero di suffragi."


Il numero 74 della "Universi Dominici gregis " di Giovanni Paolo II cita pedissequamente la prima parte dell'articolo 76 del documento di Papa Montini:

"Nel caso che i Cardinali elettori avessero difficoltà nell'accordarsi sulla persona da eleggere, allora, compiuti per tre giorni senza esito gli scrutini secondo la forma descritta al n. 62 e seguenti, questi vengono sospesi al massimo per un giorno al fine di avere una pausa di preghiera, di libero colloquio tra i votanti e di una breve esortazione spirituale, fatta dal Cardinale primo dell'Ordine dei Diaconi. Quindi riprendono le votazioni secondo la medesima forma e dopo sette scrutini, se non è avvenuta l'elezione, si fa un'altra pausa di preghiera, di colloquio e di esortazione, tenuta dal Cardinale primo dell'Ordine dei Presbiteri. Si procede poi ad un'altra eventuale serie di sette scrutini, seguita, se ancora non si è raggiunto l'esito, da una nuova pausa di preghiera, di colloquio e di esortazione, tenuta dal Cardinale primo dell'Ordine dei Vescovi. Quindi riprendono le votazioni secondo la medesima forma, le quali, se non è avvenuta l'elezione, saranno sette."

Tuttavia, sul come uscire dall'empasse se ne occupa all'articolo seguente che, data l'abolizione dell' elezione "per compromesso" e "per acclamazione" (che avevano avuto nel passato appunto lo scopo di aggirare la farragginosità dello scrutinio segreto e dell'ardua soglia dei due terzi) tratta solo della possibilità di procedere allo scrutinio a maggioranza "assoluta" (ovvero a maggioranza "semplice") cioè all'elezione del papa con il cinquanta per cento più uno dei suffragi:
"75. Se le votazioni non avranno esito, pur dopo aver proceduto secondo quanto stabilito nel numero precedente, i Cardinali elettori saranno invitati dal Camerlengo ad esprimere parere sul modo di procedere, e si procederà secondo quanto la maggioranza assoluta di loro avrà stabilito.
Tuttavia non si potrà recedere dall'esigere che si abbia una valida elezione o con la maggioranza assoluta dei suffragi o con il votare soltanto sui due nomi, i quali nello scrutinio immediatamente precedente hanno ottenuto la maggior parte dei voti, esigendo anche in questa seconda ipotesi la sola maggioranza assoluta."


Anche Paolo VI, tra un'acclamazione ed un compromesso, aveva ammesso la possibilità di una elezione con la maggioranza semplice ma sotto l'ardua condizione che all'unanimità il Sacro Colleggio approvase il suggerimento del Camerlengo (che avrebbe però potuto anche suggerire il compromesso o il ballottaggio).

Per quanto riguarda il ballottaggio, si evince che per Paolo VI anche nell'elezione di uno dei due candidati più votati (nello scrutinio precedente) non si deve però derogare dal tradizionale quorum dei due terzi limitandosi a facilitare il raggiungimento del quorum col restringere al minimo la possibilità di scelta.

La norma emanata da Giovanni Paolo II invece dice che dopo la trentatreesima (o trentaquattresima) votazione, e cioè dopo tredici giorni dall'inizio del conclave, i cardinali a maggioranza semplice possono decidere (ma possono anche non decidere!) di abbassare il quorum ed inoltre procedere a ballottaggio sempre a maggioranza semplice.

Si è detto che all'elaborazione di questa norma abbia influito il "drammatico" ricordo che Giovanni Paolo II conservò del testa a testa tra Siri e Benelli nel secondo conclave del 1978 (da cui poi Wojtyla uscì eletto). A parte che quel lungo testa a testa non durò certo due settimane ma meno di quarantott'ore visto che il conclave iniziato il pomeriggio del 14 ottobre si concluse all'ottava votazione del pomeriggio del 16 ottobre. Quindi il cardinal Woytjla e i suoi colleghi cardinali nell'ottobre '78 non vissero nessuno stress supplementere dovuto al trascinarsi del conclave. Inoltre se sicuramente non fu estenuante lo scontro dei candidati Siri e Benelli c'è da chiedersi se nel segreto del Conclave quello scontro ci fu veramente e non ebbe luogo unicamente sulle pagine dei vaticanisti.
E poi, come avrebbe potuto Papa Wojtyla reputare sconveniente quelle gara tra candidature di bandira (protrattosi non più che per sei scruitini) se quello fu lo strumento che la Provvidenza utilizzò affinchè i Purpurati Patres, resi docili all'ispirazione dello Spirito Santo, volgessero lo sguardo verso un papabile d'oltre cortina?


In realtà è da tutti ritenuto la mente di quelle innovazioni il fine canonista Mario Francesco Pompedda, poi cardinale e prefetto del supremo tribunale della Segnatura Apostolica.
Ecclesiastico e giurista dotato di grande realismo; dote indispensabile per chi deve applicare la ferrea e siderea norma astratta ancorchè ecclesiastica nel vissuto prosaico del singolo cattolico peccatore; non stupisce affatto che il cardinal Pompedda abbia, su richiesta di Giovanni Paolo II, trovato nell'abbassamento del quorum (sull'esempio di come avviene nei Parlamenti che hanno il compito costituzionale di procedere all'elezioni dei Presidenti della Repubblica)la soluzione "onorevole" in caso di imperterrita e reiterata assenza di illuminazione dello Spirito Santo.

Se i Presidenti della Repubblica eletti a maggioranza semplice svolgono degnissimamente il loro ruolo istituzionale, perchè mai un Papa (il quale nel suo operare è in concreto oberato da vincoli e limitazioni assai maggiore di qualsivoglia Capo di Stato di un regime parlamentare) non potrebbe essere un degnissimo successore di Pietro e Vicario di Cristo anche se eletto con il cinquanta per cento più uno dei suffragi?

Ma già da subito l'innovazione tutta wojtiliana volta a redimere un ipotetico stallo nell'elezione papale ( stallo che nella realtà dalla prima metà dell'Ottocento in poi non s'è più registrata) ha suscitato le critiche di chi ha invece paventato proprio il pericolo che la possibilità di un'elezione a maggioranza semplice possa invece portare acchè un gruppo di "grandi elettori" in grado di controllare la metà dei suffragi si possa incaponire su una candidatura per 34 votazioni di seguito, non sentendo ragione di spostare i propri voti su un candidato di più amplia convergenza, al fine di ottenere lo scrutinio a maggioranza semplice e quindi imporre l'elezione a papa del proprio candidato di bandiera.

Papa Wojtyla (e il cardinal Pompedda) probabilmente ha ritenuto che simili ipotesi di manifestazioni plateali di cinismo cardinalizio non siano nemmeno degne di essere prese in considerazione dato che, lontani i tempi dei veleni dei Borgia e delle militari inprese di Giulio II, spoglio da qualunque bramosia mondana finalmente nel XXI secolo il potere del trono di Pietro si mostra nella sua adamantina essenza spirituale.

Probabilmente il cardinal Ratzinger - nel suo ruolo di "difensore della fede cattolica"- non aveva altrettanta fiducia nelle "magnifiche sorti e progressive" della moralità dei gerarchi cattolici se per ben due volte una richiesta di modifica di quella singola norma della Universi Dominici Gregis fu inviata dalla Congregazione della dottrina della fede alla Segretaria di Stato guidata dal cardinal Sodano.

Morto nel 2005 Giovanni Paolo II ed eletto papa proprio Ratzinger ( e morto il cardinal Pompedda nel 2006) ecco che Benedetto XVI in data 11 giugno 2007 ha potuto accogliere e sottoscrivere il parere del Cardinale Ratzinger dando ordine alla Segreteria di Stato (non più diretta da Sodano) di emanare la Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio "DE ALIQUIBUS MUTATIONIBUS IN NORMIS DE ELECTIONE ROMANI PONTIFICIS" che modifica solo e soltanto l'articolo 75 della "Universali Dominici Gregis" e quindi "ripristina la norma tradizionale circa la maggioranza richiesta nell’elezione del Sommo Pontefice. Secondo tale norma, perché il Papa possa considerarsi validamente eletto, è sempre necessaria la maggioranza dei due terzi dei Cardinali presenti".

Giunti pertanto al temuto momento di stallo dopo quattro cicli di scruini, il Papa sedici volte Benedetto ha decretato che si procedano a un ballottaggio tra i due candidati usciti in testa nel precedente voto: l’eletto sarà colui che ottiene almeno i due terzi dei voti.
I due candidati in lizza non partecipano al ballottaggio pur rimanendo presenti in "Sacellum Sixtinum".

Il Motu Proprio è entrato in vigore "contrariis quibusvis non obstantibus" con la pubblicazione sull'Osservatore Romano in data 26 giuno 2007.

2 commenti:

L'agliuto ha detto...

Sempre interessante. E sempre ironico, dietro le righe (“ferreo ac sidereo”, id est ironic).
Ciao. Ipo

Luciano ha detto...

Ho una mia idea personale del perche' Ratzi abbia deciso di rinserire questa norma.. ma te la dico a voce...