sabato, giugno 23, 2007

vite parallele /11

Sive: Historia Ecclesiastica Anglorum


Morta nel 1901 la Regina Vittoria l'ormai attempato Principe di Galles diventato Re Edoardo VII , dopo aver atteso il tempo tradizionalmente stabilito per il lutto e assolte le farraginose cerimonie per l'incoronazione in Westminster (1902), iniziò una lunga serie di viaggi internazionali che lo condussero presso tutte le capitali europee, aiutato dal fatto che di tutti i monarchi europei egli era parente stretto.
Nel primo viaggio del 1903, dopo essere passato da Parigi, arrivò a Roma ove, dopo esser stato omaggiato dai Savoia al Quirinale, si recò ad omaggiate il "prigioniero in Vaticano": evento di portata storica poichè era la prima volta dopo lo scisma di Enrico VIII che un Re d'Inghilterra incontrava un Papa. Edoardo ben consapevole dell'etichetta (e dei principi del diritto feudale) si inginocchiò e baciò la mano di Leone XIII.
Il bianco vegliardo, quale segno di favore, donò al monarca britannico una propria fotografia con dedica autografa.

Scriveva il seminarista Angelo Roncalli (futuro papa Giovanni XXIII) nel suo "Giornale dell'Anima" in data 29 aprile 1903:

"In questi giorni la Roma ufficiale è in festa per la venuta di Edoardo VII, re d'Inghilterra .[...]
Quest'uomo è rivestito di una grande autorità, egli è un re di una delle più grandi nazioni e perciò merita che gli si faccia onore, lo si rispetti. Ma è sempre un povero uomo questo re d'In­ghilterra, questo imperatore dell'Indie, e, per somma umiliazione, questo protestante, capo di una religione che non è la vera ed al quale un mondo ufficiale che si dice cattolico, per combattere la propria Chiesa, presenta le sue corone, il suo tributo di applausi.

Il mondo fa baccano intorno a questo uomo, che piace per­ché è ben vestito e sfarzosamente accompagnato, e crede che tutto finisca qui quanto vi ha di bello e di grande, non si pensa che sulla cima di monte Mario non si sente, non si distingue più nulla di quanto avviene in città; e tanto meno si pensa che al di sopra di monte Mario, e di tutti i monti della terra dove non si sa nulla delle bagatelle di quaggiù, vi ha un Dio che vede ed ascolta tutto, e dinnanzi al quale tutti questi gaudenti d'oggi, ed anche lui, que­st'uomo, sono come atomi di polvere; un Dio che un giorno li giu­dicherà, e staranno umiliati, annichiliti, schiacciati.
Ah, come è stolto il mondo nei suoi apprezzamenti, come è cieco nei suoi giu­dizi! Lo scintillare di una livrea, un ondeggiare di pennacchio lo commuove, lo mette in visibilio, e nessuno intanto pensa a Dio, se non per offenderlo e per bestemmiarlo, e anche le persone serie si lasciano trascinare, distrarre come gli uomini del secolo.

Anch'io l'ho veduto, questo uomo; ma tutta questa baldo­ria mi ha annoiato, lasciato il cuore scontento. Il rapido passaggio dei cocchi sfarzosi della gran corte delle maestà reali mi ha ricor­dato più evidente il «sic transit gloria mundi» (IC 2.6) e il «va­nitas vanitatum et omnia vanitas» (Qo 1,2).

Eppure questo uomo, tuttoché protestante, qualche cosa di ve­ramente buono l'ha fatto qui in Roma.
E che cosa ha fatto? Ren­dendosi superiore a certe voglie tendenziose dell'anticlericalismo italiano e straniero, egli nel fastigio della sua grandezza non si ver­gognò, anzi se l'ebbe ad onore, di visitare e di chinarsi davanti ad un altro uomo, ad un povero vecchio perseguitato, ma che egli ha riconosciuto siccome più grande di sé: davanti al Papa, al vicario di Gesù Cristo.

E questo fatto oggi è così solenne da segnare una pagina gloriosa nella storia del pontificato romano; fatto altamente figu­rativo, questo, di un re eretico dell'Inghilterra protestante e da più che tre secoli persecutrice della Chiesa cattolica, che va a presenta­re personalmente i suoi omaggi al povero vecchio Papa, tenuto co­me prigioniero in casa sua.

È un segno dei tempi (Mt 16,4) che dopo una notte burrasco­sa si irradiano di una luce novella sorgente dal Vaticano, un ritor­no lento ma vivo e reale delle nazioni in braccia al Padre comune che da tanto tempo le attende, piangendo la loro stoltezza, un trion­fo di Cristo Re che sollevato sulla croce trae un'altra volta a sé tutte le cose (Gv 12,32). E per questo la visita del re Edoardo mentre mi conferma nella vanità dei rumori mondani, mi eccita a ringraziare il buon Dio che tiene le chiavi del cuore umano e, attraverso a tutti gli intrighi del­la politica, trova modo di far risplendere la gloria del suo nome e della sua Chiesa cattolica."
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A seguito di un accordo all'interno del Partito Laburista, dopo dieci anni, da leader del partito e leader governativo, Tony Blair avrebbe dovuto lasciare le consegne a Gordon Brown, in data 24 giugno cedergli la carica di leader laburista e il seguente 27 giugno la carica di Primo Ministro. Nei due ultimi mesi del suo Governo quindi Blair ha pianificato un vero e proprio "tour" mondiale conclusosi con la visita in Vaticano. Sabato 23 giugno 2007 l'uscente premier britannico Tony Blair è stato ricevuto in udienza ufficiale dal Sommo Pontefice.

L'udienza è stata particolarmente attesa dai media a causa delle voci insistenti di una conversione di Blair al credo cattolico professato dalla consorte Charie (e nel quale sono stati battezzati ed allevati i loro figli). Conversione di cui si sarebbe volutamente dare nunzio solo dopo la fine del mandato politico dell'ufficialmente anglicano primo ministro britannico, per non mettere in crisi il proprio Governo -cioè il Governo di sua Maestà Britannica la quale è anche Capo della Chiesa d'Inghilterra- poichè, seppur godendo di un regime democratico, non di meno, costituzionalmente l'Inghilterra è una teocrazia, al pari del'Iran.

Di fronte al tamtam mediatico proprio sabato mattina a Roma, prima di recarsi dal Papa, per la prima volta Blair ha parlato "papale-papale" della sua presunta conversione ai microfoni della Bbc dichiarando che il suo passaggio al cattolicesimo «non è ancora definito». Nel frattempo il Times usciva con un'intervista al medesimo Blair il quale affermava che il passaggio formale alla Chiesa Cattolica Romana è una questione «in sospeso» e altresì "rassicurava" che non ci sarebbe stato un annuncio formale dopo la visita a San Pietro (rassicurando il puritano uditorio britannico che sabato 23 giugno non ci sarà nessuna fumata bianca è che il cardinale protodiacono potrà starsene tranquillamente a casa sua).


Blair è arrivato in Vaticano poco prima delle undici.
Sedutosi alla scrivania della Bibilioteca dell'appartamento pubblico di fronte al candido pontefice che si congratulava per il successo dell'appena conclusosi vertice europeo di Bruxelles, Tony Blair forse un pò disturbato degli insistenti flash dei fotografi pontifici ha confessato al venerando Pontefice: "A volte mi sembra che passiamo tutta la vita sotto i riflettori".
I commentatori vi hanno letto uno sfogo del cuore del pio Tony addolorato per la continua disamina con cui della sua più intima vita spirituale e religiosa si pascolano cinicamente i media.

Singolare anche la dinamica dell'incontro, infatti dopo circa venticinque minuti di colloquio privato tra Pontefice e Primo ministro inglese, e' stato introdotto nella Biblioteca anche il cardinale Murphy O'Connor arcivescovo di Westmister e primate cattolico d'Inghilterra e il colloquio a tre e' proseguito per altri dieci minuti. Solo dopo e' entrata la moglie di Blair e le altre persone del seguito.

"Emblematico" è stato valutato il dono del'uscente Primo ministro britannico: un quadretto con tre foto d'epoca del cardinale John Henry Newman ovvero il più celebre anglicano convertito al cattolicesimo dell'età vittoriana e "padre spirituale" di tutti i successivi "ritorni a Roma" degli anglicani nell'ultimo secolo e mezzo.
Compiaciuta del fatto che il sedici volte Benedetto abbia assi gradito l'omaggio è intervenuta nel dialogo Cherie "la cattolica": "Questa è la firma di Newman!" ha sottolineato la moglie del premier britannico,indicando una firma apposta sopra una delle tre foto.
Benedetto XVI ha contraccambiato con rosari e medaglie del pontificato.

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